Ma tu lo sapevi già di fare uno
dei migliori rossi del mondo?


Ma tu lo sapevi già di fare uno dei migliori rossi del mondo?

Sì, io sono partito
proprio con questa idea.

Tratto da “Manteniamoci giovani, vita e vino di Emidio Pepe”
Emidio Pepe fonda la sua azienda nel 1964, dopo aver affiancato suo padre e, soprattutto, suo nonno che faceva vino a casa Pepe sin dal 1899. Prima di chiunque altro ha creduto nelle grandissime potenzialità del Trebbiano e del Montepulciano d’Abruzzo e ha dedicato tutte le sue energie a questi due vitigni autoctoni, provandone la capacità d’invecchiamento e facendoli conoscere al mondo intero.
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Emidio Pepe
50 Vintages
Dove i vini Emidio Pepe prendono vita.
Un breve filmato racconta l’uomo,
il paesaggio, il metodo e la cantina…
Emidio Pepe
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Dove i vini Emidio Pepe prendono vita.
Un breve filmato racconta l’uomo,
il paesaggio, il metodo e la cantina…
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Classe 1932, uomo di poche parole, caparbio e attento osservatore. Valori saldi e idee precise. Instancabile lavoratore, continua ancora oggi a occuparsi personalmente di tutti i suoi vigneti, dalla potatura alla raccolta. Osserva con attenzione i segnali della natura e, con la speciale sensibilità sviluppata negli oltre 50 anni d’esperienza, li interpreta e li asseconda senza interferire. Attento custode del terroir, ha difeso sin dall’inizio i suoi terreni e i suoi vini dalla chimica e ha basato tutto il proprio lavoro empirico sul rispetto delle tradizioni e sull’espressione autentica e genuina dei suoi vini.
Classe 1932, uomo di poche parole, caparbio e attento osservatore. Valori saldi e idee precise. Instancabile lavoratore, continua ancora oggi a occuparsi personalmente di tutti i suoi vigneti, dalla potatura alla raccolta. Osserva con attenzione i segnali della natura e, con la speciale sensibilità sviluppata negli oltre 50 anni d’esperienza, li interpreta e li asseconda senza interferire. Attento custode del terroir, ha difeso sin dall’inizio i suoi terreni e i suoi vini dalla chimica e ha basato tutto il proprio lavoro empirico sul rispetto delle tradizioni e sull’espressione autentica e genuina dei suoi vini.
Una grande famiglia
La nostra è un’azienda familiare, tutto ciò che veramente conta è radicato nella storia della nostra terra e viene tramandato di generazione in generazione. Nel profondo siamo e ci sentiamo agricoltori: tutto il resto cambia, cresce, si evolve, ma il nostro modo di affrontare la vita e il lavoro è rimasto lo stesso. Oggi, sotto lo sguardo fiero di Emidio e Rosa, le figlie Sofia e Daniela sono le principali garanti di questa tradizione, con le giovani nipoti Chiara e Elisa. Sofia è la depositaria del sapere enologico, cura tutti gli aspetti legati alla produzione e alla qualità, mentre Daniela segue in prima persona l’amministrazione e si prende cura dell’immagine aziendale. Chiara, si occupa dei mercati esteri, ed Elisa che ha appena compiuto diciott’anni, sta imparando ad entrare nel mondo del vino.
Rosa
Come ogni vera matriarca che si rispetti, è lei il vero collante della famiglia Pepe. Ha sostenuto Emidio dal primo momento ed insieme hanno lavorato l’uno accanto all’altro instancabilmente. Lei è senz’altro conosciuta per le sue doti nella decantazione, la pratica meticolosa di cui si è occupata per una vita, controllando ogni bottiglia prima della messa in commercio. Ad oggi, continua a preparare le sue migliori ricette ogni giorno a pranzo per tutta la famiglia.
Rosa
Come ogni vera matriarca che si rispetti, è lei il vero collante della famiglia Pepe. Ha sostenuto Emidio dal primo momento ed insieme hanno lavorato l’uno accanto all’altro instancabilmente. Lei è senz’altro conosciuta per le sue doti nella decantazione, la pratica meticolosa di cui si è occupata per una vita, controllando ogni bottiglia prima della messa in commercio. Ad oggi, continua a preparare le sue migliori ricette ogni giorno a pranzo per tutta la famiglia.
Sofia
Ha iniziato a lavorare accanto ad Emidio quando aveva diciott’anni, con le sue doti diplomatiche e di paziente osservatrice si è guadagnata il rispetto e la fiducia di Emidio che le ha passato il sapere ed il controllo della cantina. Oggi Sofia è responsabile di tutti i lavori nei vigneti e delle vinificazioni.
Daniela
Daniela è entrata in azienda agli inizi degli anni 90, prendendosi cura dell’intera amministrazione dell’azienda. Daniela e Sofia sono oggi le proprietarie dell’azienda, condividendone visioni ed obiettivi. Prendono insieme le decisioni più importanti con fondamentale condivisione.
Daniela è entrata in azienda agli inizi degli anni 90, prendendosi cura dell’intera amministrazione dell’azienda. Daniela e Sofia sono oggi le proprietarie dell’azienda, condividendone visioni ed obiettivi. Prendono insieme le decisioni più importanti con fondamentale condivisione.
Chiara
Chiara ha iniziato a seguire le tracce della storia di famiglia molto presto. Accompagnando Emidio e Sofia nelle degustazioni all’estero fin da piccola, ha appreso le regole del gioco e si è sin da subito dedicata ai mercati esteri dell’azienda. Ha studiato in Francia e ha costruito la sua cultura sul vino visitando produttori e apprendendo attraverso i loro vini. Oggi si prende cura dell’export dell’azienda, insieme ad aiutare in vigna ed in cantina.
Elisa
Lei è la più giovane della famiglia ad entrare piano piano nel mondo del vino. 
Con dolcezza e pazienza ne sta imparando i segreti e ha già provato le sue doti 
in degustazione in Italia e all’estero. È la responsabile dell’ospitalità a Casa Pepe, curandosi degli ospiti da ogni
dove che vengono in Abruzzo per conoscere l’origine dei nostri vini, la famiglia e
tutto ciò che ruota attorno l’universo Pepe.
Chiara
Chiara ha iniziato a seguire le tracce della storia di famiglia molto presto. Accompagnando Emidio e Sofia nelle degustazioni all’estero fin da piccola, ha appreso le regole del gioco e si è sin da subito dedicata ai mercati esteri dell’azienda. Ha studiato in Francia e ha costruito la sua cultura sul vino visitando produttori e apprendendo attraverso i loro vini.
Oggi si prende cura dell’export dell’azienda, insieme ad aiutare in vigna ed in cantina.
Una famiglia ancora più grande
Quello che il sangue non unisce, allora il vino lo farà. Una parte importante della nostra famiglia è costituita da alcune delle persone più laboriose e talentuose che conosciamo: il nostro team.
Stefano
Stefano, cantiniere dal 2010, abbiamo avuto il piacere di assumerlo appena finito le scuole e da quel momento ha lavorato gomito a gomito con Sofia seguendo ogni passo della vinificazione.
Stefano
Stefano, cantiniere dal 2010, abbiamo avuto il piacere di assumerlo appena finito le scuole e da quel momento ha lavorato gomito a gomito con Sofia seguendo ogni passo della vinificazione.
Anna
Anna, i ragazzi la chiamano “ la loro mamma sul lavoro”, è responsabile di tutti i lavori di precisione in azienda, dall’etichettatura a mano alla decantazione all’accatastamento delle bottiglie per l’invecchiamento. Una delle prime collaboratrici a far parte della nostra squadra ed è la migliore nel fare le torte!
Viktor
Viktor si occupa della preparazione del vino, spedizioni, organizzazione del magazzino e qualsiasi altra cosa ci sia bisogno, lo trovate spesso in vigna durante la potatura o nell’uliveto durante la raccolta delle olive.
Viktor
Viktor si occupa della preparazione del vino, spedizioni, organizzazione del magazzino e qualsiasi altra cosa ci sia bisogno, lo trovate spesso in vigna durante la potatura o nell’uliveto durante la raccolta delle olive.
Andrea
Andrea, la nostra ultima aggiunta, il nostro trattorista sorridente. È la persona più premurosa, attenta e felice che conosciamo, è nel nostro team dal 2016.

INTRODUZIONE

Nel titolo c’è il libro. È una vecchia regola editoriale, via via disattesa dalle esigenze del marketing che ha finito col trasformare l’intestazione e la copertina in una leva commerciale, privilegiando gli effetti speciali piuttosto che la coerenza. L’intento è che il titolo racchiuda l’anima di questo libro, lo slancio, il senso morale e, se possibile, anche il prezioso sottotesto.

INTRODUZIONE
Nel titolo c’è il libro. È una vecchia regola editoriale, via via disattesa dalle esigenze del marketing che ha finito col trasformare l’intestazione e la copertina in una leva commerciale, privilegiando gli effetti speciali piuttosto che la coerenza. L’intento è che il titolo racchiuda l’anima di questo libro, lo slancio, il senso morale e, se possibile, anche il prezioso sottotesto.
Che cosa significa Manteniamoci giovani? È il saluto di Emidio Pepe ai clienti che non hanno bisogno del suo vino. Come si faceva una volta, il nostro si affaccia alla porta del locale e, con garbo, chiede: «Serve qualcosa?». Alla risposta negativa, magari accompagnata da un sorriso, Emidio si congeda con un sonoro «manteniamoci giovani!» marcato dall’inflessione abruzzese.

Il protagonista è uomo di poche parole, tuttavia non gli mancano frasi caratteristiche che restano nella memoria. Questa più delle altre contiene il suo carattere, illustra la storia di una persona che ha coltivato l’ambizione di restare giovane. Lo guardo, ne seguo i movimenti nel lavoro e nel rapporto con gli altri: Emidio è riuscito nel suo intento. Ha 82 anni e lo stesso sorriso delle foto di quasi sessant’anni fa, quando aveva appena avviato la carriera di imprenditore agricolo e sperava di arrivare a produrre vini amati in tutto il mondo.

Mi rivolgo sia all’appassionata che non conosce Pepe né i suoi prodotti, sia all’enofilo che li frequenta assiduamente ma non ha avuto l’occasione di visitare l’azienda di Torano Nuovo, in provincia di Teramo. Parto dal concetto evocato dal titolo e declinato da Emidio in diversi modi. Sopra il camino della sua stanza da pranzo è appeso un piatto dove si legge un frammento di una celebre frase di Albert Sabin, il medico che regalò al mondo il vaccino contro la polio: «La giovinezza non è un periodo della vita, è uno stato d’animo».

Per Pepe non si tratta di giovanilismo esteriore, della ricerca di emozioni anacronistiche, bensì dell’ottimismo di chi conserva una visione: recuperare attraverso il lavoro ciò che non ha potuto, o non gli è stato permesso di fare da bambino. Allo stesso tempo possiede il realismo dell’essere contadino, virtuosa combinazione che gli è servita nei momenti bui e, soprattutto, in quelli più esaltanti, nei quali l’uomo di Torano non ha mai dimenticato la propria origine.
Che cosa significa Manteniamoci giovani? È il saluto di Emidio Pepe ai clienti che non hanno bisogno del suo vino. Come si faceva una volta, il nostro si affaccia alla porta del locale e, con garbo, chiede: «Serve qualcosa?». Alla risposta negativa, magari accompagnata da un sorriso, Emidio si congeda con un sonoro «manteniamoci giovani!» marcato dall’inflessione abruzzese. Il protagonista è uomo di poche parole, tuttavia non gli mancano frasi caratteristiche che restano nella memoria. Questa più delle altre contiene il suo carattere, illustra la storia di una persona che ha coltivato l’ambizione di restare giovane. Lo guardo, ne seguo i movimenti nel lavoro e nel rapporto con gli altri: Emidio è riuscito nel suo intento. Ha 82 anni e lo stesso sorriso delle foto di quasi sessant’anni fa, quando aveva appena avviato la carriera di imprenditore agricolo e sperava di arrivare a produrre vini amati in tutto il mondo. Mi rivolgo sia all’appassionata che non conosce Pepe né i suoi prodotti,
sia all’enofilo che li frequenta assiduamente ma non ha avuto l’occasione di visitare l’azienda di Torano Nuovo, in provincia di Teramo. Parto dal concetto evocato dal titolo e declinato da Emidio in diversi modi. Sopra il camino della sua stanza da pranzo è appeso un piatto dove si legge un frammento di una celebre frase di Albert Sabin, il medico che regalò al mondo il vaccino contro la polio: «La giovinezza non è un periodo della vita, è uno stato d’animo». Per Pepe non si tratta di giovanilismo esteriore, della ricerca di emozioni anacronistiche, bensì dell’ottimismo di chi conserva una visione: recuperare attraverso il lavoro ciò che non ha potuto, o non gli è stato permesso di fare da bambino. Allo stesso tempo possiede il realismo dell’essere contadino, virtuosa combinazione che gli è servita nei momenti bui e, soprattutto, in quelli più esaltanti, nei quali l’uomo di Torano non ha mai dimenticato la propria origine.
Il desiderio di custodire una viva integrità, ottenuta tramite rigorose abitudini alimentari e lavorative, così palese nel fisico asciutto e scattante, è il riflesso del suo modo d’intendere il vino. Non riusciremmo a immaginare Emidio alle prese col Barolo o col Brunello, che mostrano presto l’inclinazione a un’aristocratica maturità – pensiamo, per esempio, nel colore. Lui ha bisogno di “vedere” il sangue del Montepulciano, non importa che il vino sia in bottiglia da quarant’anni: se è a posto, il nostro pretende una complessità dalla fragranza giovanile. Eccolo il rosso che nasce dai tendoni abruzzesi dell’azienda Pepe: cupo nel colore, ricco, serio e promettente al naso, vellutato, incisivo e mobile in bocca, dalla lunghezza pregnante e capace di respirare nella persistenza. È il “suo” vino. Lo si capisce passeggiando con lui nel vigneto, da come accarezza gli acini per saggiare la consistenza vellutata della buccia, dalla maniera con la quale piega i tralci per bilanciare il rapporto di luce e aria tra le foglie. E il Trebbiano? Fa a meno delle attenzioni maniacali che Emidio riserva al Montepulciano, mostra una fibra tenacissima e si comporta come fosse padrone del proprio silenzio. Eppure il vitigno più bistrattato d’Italia produce bianchi emotivi ed energici, protagonisti di una tenuta eccezionale e di un’evoluzione sorprendente. Se per Pepe il Montepulciano è stata una conquista, grazie alla perseveranza nel tutelare potenzialità fino a quel momento pressoché insondate, il Trebbiano è stato un dono: se l’è ritrovato lì, pronto a emergere dalla generale mediocrità. Su un appunto di oltre trent’anni fa, Emidio fa riferimento allo stupore dei clienti per la rifermentazione in bottiglia del suo bianco, teoricamente fermo, e spiega quanto preziosa sia l’anidride carbonica come conservante naturale del liquido. Per la cronaca aggiunge: «Ti fa ricominciare la digestione sullo stomaco che si era momentaneamente fermato…». Sono i prodromi di una condotta naturale che nasce nel vigneto, amministrato con metodi tradizionali e compatibili con la vita, e si afferma in cantina attraverso la fermentazione spontanea. Nella gamma dei vini dell’azienda ne compaiono altri due, il Cerasuolo e il Pecorino. Se da un lato è evidente quanto Emidio non senta il Cerasuolo, al punto che non ne parla quasi mai, dall’altro alcune annate ci hanno donato un’etereità commovente nella quale è possibile scorgere il segreto evolutivo di tutta la produzione. Il Pecorino è oggi un bianco di moda. Pepe non si è sottratto e ha voluto provare a capire di che pasta è fatto, solo che gli è scappato di mano, come testimonia il prezzo molto più elevato rispetto al superiore Trebbiano. Peraltro i nuovi clienti lo chiedono e sono disposti a pagarlo. Per la qualità, ci vorrà tempo, come insegnano i tendoni delle vecchie viti di trebbiano e montepulciano, dalle quali sorge la tangibile relazione tra persistenza e complessità. La scelta di far narrare ad Alice Colantonio e a Matteo Gallello nasce dalla necessità di immergermi nel dialogo con Emidio, tentando di non preoccuparmi troppo di come sarebbe stato organizzato il testo. La sua riservatezza, rotta qui e là da qualche ricordo, non è mancanza di generosità, credo sia legata all’idea primigenia di cavarsela da sé. Quando gli si chiede come si fa, come è riuscito, le risposte sono sempre brevi, essenziali, elementari. Devo aver avuto un’esperienza simile a quella di Peter Bogdanovich durante un’intervista a John Ford, uno dei più importanti registi della storia del cinema. Bogdanovich pendeva dalle sue labbra, sperava di approfondire l’evocazione letteraria e il côté artistico che aveva ispirato capolavori come “Ombre rosse”, “Furore” e “Sentieri selvaggi”. A un certo punto, dopo una serie di monosillabi, di fronte alla domanda su come avesse girato una lunga scena d’inseguimento con cavalli e diligenza, Ford seccato rispose: «Con una cinepresa, cos’altro volevi che usassi?!». Era il 1968, Ford aveva 74 anni e dalle immagini appare un po’ stanco, non ha molto da chiedere al tempo e non si aspetta nulla dagli altri. È una sensazione che Emidio non concede mai. Al nostro piace ascoltare, incontrare le persone, osservarle, come se stesse godendosi la pace del vigneto e la compagnia delle viti. Una foto pubblicata su www.porthos.it lo ritrae sotto un tendone abruzzese, ha un cestino che riempirà di fichi colti dagli alberi che circondano il terreno: è compiaciuto, sereno, non potrebbe stare meglio. Chi lo ha incontrato a Verona, a New York, a Tokio, o nella sua amata Australia, ha visto la stessa espressione. Abbiamo affrontato il compito di scardinare il riserbo di Pepe con la collaborazione delle figlie Sofia e Daniela e della nipote Chiara, insostituibili per addentrarci nella laboriosa ricerca di testimonianze, documenti e diari di viaggio. Il loro desiderio di formalizzare l’eredità pratica e culturale del genitore, così da non disperdere 
l’inestimabile esperienza accumulata in sessant’anni di carriera, è stato determinante. Un altro fondamentale aiuto è venuto da Rosa, la moglie: a lei ci siamo rivolti per dirimere gli intrecci di memorie che non tornavano. Dalla partecipe unità di contributi è scaturita una persona reale, della quale abbiamo delineato gli aspetti positivi, ma anche i punti dolenti e le controversie di un’esistenza vissuta intensamente. La lettura condivisa degli eventi si è tradotta in due voci narranti: Alice si è occupata della biografia di Emidio; Matteo si è dedicato alla sfera tecnica e produttiva, indagando sin dalle origini la scelta di diventare produttore. Ho fatto tesoro della diversità stilistica dei due giovani redattori, che l’hanno felicemente adattata ai rispettivi argomenti. Il lavoro di Giulia Cerro è magnetizzato dall’avvenenza del protagonista, bello e fotogenico da sempre, come dimostrano le immagini del passato raccolte nella sezione “Ricordi”. Mi fa pensare a William Powell, celebre attore hollywoodiano degli anni trenta e protagonista, insieme a Myrna Loy, della serie di commedie sofisticate incentrate sulla figura dell’“Uomo ombra” di Dashiell Hammett. Di Powell Emidio ha il sorriso e l’eleganza dei modi, che sia impegnato alla guida del cingolato o che rappresenti la sua azienda in un evento pubblico. La nostra fotografa ha evitato di ritoccare il volto di Pepe, splendidamente segnato dall’età, e lo stesso ha fatto col meraviglioso viso di Rosa, e con gli altri componenti di questo nucleo densamente femminile. Si è introdotta nella loro quotidianità con estrema delicatezza, mimetizzandosi ha seguito l’intervista, le degustazioni, i lavori del vigneto e della cantina, cosicché ognuno potesse muoversi con la massima naturalezza. Il suo racconto per immagini anima una nota scritta da Alice, abruzzese di nascita: «Alla loro tavola tira un’aria familiare. Pepe la trasmettono senza ostentazione, sicuri che la storia darà loro ragione. Tra queste pareti, davanti alla nostra montagna c’è la vicenda di una terra che spesso coincide con quella di una famiglia. Come un classico popolare, dove la ripetitività di certe formule scandisce le idee essenziali, questo luogo del vino parla un linguaggio domestico e originario, dove è possibile distinguere, nella coralità dei gesti, la mano di un grande narratore». Marcello Spada ama i vini di Pepe. Partecipò alla “spedizione” organizzata per l’articolo comparso su Porthos 20, dove pubblicammo una degustazione verticale del rosso. È stato naturale coinvolgerlo nella realizzazione del libro e chiedergli dei dipinti da usare in copertina e all’interno. Nei suoi lavori ho intravisto una convergenza con l’espressività di quei Montepulciano e Trebbiano impegnativi da decifrare. In entrambi i casi, dopo aver raccolto le “informazioni organolettiche” di base, è necessario distrarsi, lasciarsi disarmare dalla loro peculiare bellezza, proprio come recita Verlaine ne “La sinfonia del silenzio”: «Ieri parlavamo di molti argomenti / E i miei occhi cercavano i vostri. / Sotto il senso banale di frasi ricercate / Il mio amore cercava i vostri pensieri / E quando parlavate, io, volutamente distratto, / Prestavo orecchio al vostro segreto.
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